Palazzo Rota Pisaroni
con il Salone d'Onore e la sede degli uffici
La sede operativa della Fondazione di Piacenza e Vigevano si trova in via Sant’Eufemia 13, nei locali interamente restaurati dello storico Palazzo Rota Pisaroni, una delle dimore patrizie più importanti della città per pregi artistici e storici. A Vigevano c'è un ufficio distaccato.
Cenni storici e artistici
Un’epigrafe in latino posta sotto il balcone centrale di Palazzo Rota Pisaroni rimanda a futura memoria chi ne commissionò la costruzione: la frase tradotta rammenta che “Giuseppe Rota costruì dalle fondamenta questa dimora, l’abbellì e la finì anche nei minimi particolari nel 1762”. Il Palazzo divenne famoso intorno al 1830, data del suo acquisto da parte della famosa cantante piacentina Rosmunda Benedetta Pisaroni che lo trasformò, oltre che nella sua residenza, nel “salotto buono” di Piacenza.
La facciata esterna è ornata da cornici marcapiano e caratterizzata da fini stucchi che circoscrivono le finestre. Dall’ingresso, in granito rosa, si intravvede il cancello in ferro battuto, finemente realizzato e databile al 1760 circa. La facciata interna si caratterizza da un porticato a cinque archi. La scala, ad opera di Domenico Cervini, si snoda entro un portichetto che chiude a sinistra il cortile dando accesso direttamente al piano nobile. Quest’ultimo si compone di sette locali, dei quali due finemente decorati a stucco e gli altri ornati da belle medaglie nel soffitto affrescate da Luigi Mussi (Piacenza, 1694-1771). Nell’alto salone La caduta di Fetonte domina il soffitto entro una bella quadratura di Antonio Alessandri. Una ventina di dipinti ad olio ornano il salone entro cornici barocche inserite su tre ordini nelle pareti. Di questi, otto sono i grandi dipinti, molto pregevoli, raffiguranti le nature morte di fiori, frutti e animali opera di Margherita Caffi, attiva a Piacenza tra il 1670 e il 1680. Tra gli altri quadri, tutti di figura, La Primavera, L’Estate, L’Autunno e L’Inverno di Ludovico Trasi; le donne famose dell’antichità di Giovanni ed Antonio Rubini ovvero Erodiade con la testa del Battista, Giuditta con la testa di Oloferne, Sofonisba, Lucrezia e Cleopatra. Attribuiti ai Rubini, padre e figlio, anche i tre grandi dipinti La storia di Ciro, La giustizia di Salomone e Ester regina, in seguito ampiamente rimaneggiati da Giuseppe Manzoni.
Negli altri ambienti spiccano gli affreschi del Mussi. Nell’anticamera del salone L’allegoria del giorno mostra un efebo fra il crepuscolo (luna) e l’aurora (il sole). In una terza medaglia Mussi affrescò Le quattro stagioni: la primavera in un volo di putti, l’estate con falce e spighe, l’autunno rappresentato da Bacco e l’Inverno simboleggiato da un anziano. Vi sono poi altre medaglie entro cornici di stucco: L’Oblivione d’amore raffigura un giovane dormiente circondato da figure alate; La gloria dell’intelletto mostra un giovane (allegoria forse dell’Intelletto), accompagnato verso l’alto da una figura alata, mentre un’altra lo incorona e una terza (forse allegoria della Gloria) regge la sfera armillare e alcune corone.